Di Elisa Leonelli
Elvira Coda Notari, la prima regista donna del cinema italiano, nacque a Salerno in Campania il 10 febbraio 1875. Ebbe il vantaggio dell’istruzione, cosa insolita per le donne di quei tempi, diplomandosi dalla Scuola Normale come maestra elementare. Dopo essersi trasferita a Napoli con la famiglia, conobbe il fotografo Nicola Notari che sposò nel 1902. Insieme nel 1906 fondarono una compagnia chiamata Dora Film dal nome della figlia, specializzata nella colorizzazione delle pellicole, nei cortometraggi detti “Arrivederci”, nei documentari di attualità e nei lungometraggi narrativi. Elvira scriveva le sceneggiature, faceva la regia e a volte l’attrice, il marito era incaricato della fotografia, delle luci e degli scenari, il figlio Eduardo, soprannominato Gennariello, interpretava ruoli importanti in tutti i film della madre.
Elvira fondò anche una Scuola di arte cinematografica, dove insegnava una recitazione naturalistica, in contrasto con lo stile teatrale delle famose dive dell’epoca come Francesca Bertini in Assunta Spina (1915) e Lyda Borelli in Ma l’amor mio non muore (1913).
I suoi film prendevano spunto da popolari canzoni napoletane, opere teatrali e romanzi d’appendice, raccontavano storie d’amore e di gelosia, di tradimenti e di omicidi, spesso tratte da fatti di cronaca. La proiezione dei film muti era solitamente accompagnata da musica dal vivo di un pianista o di un’orchestrina. In un’intervista video del 1979 Eduardo Notari sottolineò: “Noi fummo i primi a mettere un cantante sotto lo schermo che si sincronizzava con le immagini.” Nello stile degli altri film muti dell’epoca, le scene di interni erano di solito tinteggiate in color seppia, gli esterni in azzurro; inoltre tutti i film della Dora erano colorati a mano fotogramma per fotogramma.
La maggioranza dei 60 lungometraggi diretti da Evira Notari sono andati perduti, eccetto tre, che furono presentati nel 2014 al festival del cinema “Laceno d’oro” di Avellino in Campania, e nel 2016 al PAN, il Palazzo delle Arti di Napoli. Per accompagnare questa mostra di film, fotografie e documenti intitolata “La film di Elvira” nel 2016 fu pubblicato un libro con vari saggi, fra cui uno scritto da Sara Fiori che descrive i parallelismi fra l’italiana Elvira Coda Notari e la francese Alice Guy-Blaché, la prima regista donna nella storia del cinema.
Questi tre film furono poi presentati nel 2018 al Festival di Bologna “Il Cinema Ritrovato” nella rassegna intitolata “Napoli che canta”.
Fantasia ‘e surdato (1927), tratto da una canzone napoletana, ha come protagonista un ormai adulto Eduardo Notari nel ruolo di Gennariello, un giovane ingiustamente imprigionato per l’assassinio del fratello, che si arruola volontario per il fronte. Soldati di Napoli, Palermo, Venezia e Firenze cantano canzoni delle loro città natali, accompagnate da immagini dei luoghi più pittoreschi, nel caso di Napoli il Golfo e il Vesuvio. Il film dura solo 28 minuti, una metà dell’originale ha sopravvissuto, dato che il resto fu tagliato dalla censura.
‘A santanotte (1922), restaurato nel 2008 dalla George Eastman House e dalla Cineteca Nazionale, racconta la storia di Nanninella (Rosè Angione), una giovane cameriera, picchiata dal padre ubriaco e costretta a sposare un corteggiatore non di suo piacimento, mentre l’uomo che ama languisce in galera falsamente accusato di omicidio.
È piccerella (1921), sempre con Rosè Angione nel ruolo di Margaretella. Rosella era l’insegnante di matematica di Eduardo, reclutata da sua madre per fare l’attrice. Enza Troianelli scrive che Margaretella non è una femme fatale. “Sa che nel Sud, se ci si fidanza, si rischia una sorta di ergastolo tra le quattro mura domestiche.” Purtroppo “ciò che la condanna sono il conformismo e il perbenismo,” e la sua vita finisce tragicamente. Bisogna notare che, secondo Sara Fiori, piccerella è “una espressione dialettale napoletana per indicare una giovane volitiva, schietta, incline alla trasgressione.”
Un’altro personaggio principale di entrambi i film è Maria, interpretata da Elisa Cava, una santa donna devota ai sui figli, che chiaramente rappresenta i sentimenti della regista sulla maternità.
In È piccerella riprese documentarie dal vero sono intercalate con scene di finzione. È fantastico guardare la vita quotidiana di Napoli, cittadini vestiti a festa su carrozze a cavalli che ritornano da un annuale pellegrinaggio, mangiano nei ristoranti, partecipano alla festa di Santa Maria del Carmine, completa di fuochi d’artificio.
Nel 1925 la Dora Film aprì un ufficio a New York su Mulberry Street di Little Italy, dove I nostalgici immigranti italiani immigrants agognavano vedere dei film ambientati nello lora beneamata Napoli.
Napoli era stata uno dei due centri italiani di produzione cinematografica fin dagli inizi, dal 1896 quando il 4 aprile i corti dei fratelli Lumière furono proiettati in anteprima al café-chantant Salone Margherita. Torino era l’altra città dove furono prodotti i primi film muti, ma erano soprattutto kolassal storici come Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone. Arrivato il 1930 la produzione cinematografica si era spostata a Roma, sostenuta dal partito fascista di Mussolini che governava l’Italia dal 1922, e spesso censurava i film della Notari in quanto presentavano una immagine realistica della vita di Napoli che contraddiceva la propaganda delle antiche glorie dell’impero romano promulgata dal regime. Anche a causa dell’avvento del sonoro, la Dora Film interruppe la produzione, limitandosi alla distribuzione di film. Elvira andò in pensione a Cava de’ Tirreni, città natale del padre, dove morì il 17 dicembre 1946. Era rimasta al mondo abbastanza a lungo per vedere le donne italiane conquistare il diritto al voto nelle elezioni nazionali, che diventò legge il 1 febbraio 1945.
Ignorata per decenni da critici e storici del cinema maschi, Elvira Notari fu studiata in profondità dalla critica cinematografica Enza Troianelli nella monografia del 1989 “Elvira Notari pioniera del cinema napoletano (1875-1946)”, dalla studiosa Italo-Americana Giuliana Bruno in “Rovine con vista. Alla ricerca del cinema perduto di Elvira Notaro” publicato nel 1995, da Chiara Ricci in “Il cinema in penombra di Elvira Notari” del 2016. Finalmente questa paladina di donne eroiche che sfidavano la società patriarcale, una moglie e mamma, una imprenditrice e un’artista, aveva ricevuto il riconoscimento che tanto si meritava.
Pubblicato sul sito Golden Globes 10 marzo, 2022