Colin Farrell

Sabato 7 dicembre si è svolto a Chicago un ballo di beneficenza per la nuova fondazione lanciata da Colin Farrell per aiutare il figlio James afflitto dalla sindrome di Angelman.
L’attore irlandese, a cui la Hollywood Foreign Press aveva conferito due premi Golden Globe come migliore attore, nel 2009 per In Bruges-La coscienza dell’assassino e nel 2023 per Gli spiriti dell’isola, entrambi scritti e diretti da Martin McDonagh, viene intervistato da noi giornalisti internazionali nella sede della nuova Golden Globes Foundation a West Hollywood.

Colin Farrell (c) GGF 2024

Quali sono i motivi che l’hanno spinta a creare questa fondazione?
La motivazione è stata che James ha compiuto 21 anni il 12 settembre, e tutti i benefici garantiti dallo stato e dal governo federale, che gli offrivano sicurezza, protezione e inclusione nella comunità, come i programmi del doposcuola, sono finiti adesso che ha raggiunto la maggiore età. E nonostante io sia in una posizione privilegiata, dato il successo nella carriera degli ultimi 25 anni, anche io e sua madre facciamo fatica a capire come sarà il futuro di nostro figlio. Allora mi sono reso conto che, se io ho queste difficoltà per trovare un istituto di assistenza residenziale dove James possa ricevere le cure e il trattamento amorevole a cui è abituato, dobbiamo aiutare le altre famiglie che non possiedono i miei mezzi. La mancanza di strutture di assistenza per ragazzi con esigenze speciali quando diventano adulti è scioccante e crudele, ed è causata da apatia e inazione. In quanto esseri umani siamo al nostro meglio quando ci prendiamo cura degli altri.

Che cosa ha in programma per il gala di beneficenza del 7 dicembre?
Quella sera a Chicago, nella sala da ballo con 1200 persone, non si parlerà di politica, non si faranno discorsi filosofici o ideologici. La gente è stanca dei conflitti a livello mondiale nelle zone di guerra, vogliono affermare il loro desiderio di gentilezza, bontà e decenza umana. L’unico motivo per cui siamo lì è per esprimere l’amore per i nostri figli, nati in famiglie di diverse opinioni politiche, quindi parleremo solo di come provvedere assistenza a questi ragazzi per dargli l’opportunità di vivere una vita più piena possibile. Si tratta del debutto della nostra fondazione, con molti donatori abbienti in sala, quindi la trovo una prospettiva entusiasmante.

Quali lezioni di vita ha imparato dalla difficile esperienza di prendersi cura di un figlio come James?
Dato che James aveva bisogno di me, ho dovuto imparare a prender cura di me stesso. Quando aveva due anni ho deciso di diventare sobrio, smettere di bere alcolici e prendere droghe. Sapevo già a quel punto che James aveva gravi problemi di salute, soffriva di crisi epilettiche, dimostrava profondi e significativi ritardi nello sviluppo. A quei tempi pensavamo che avesse la paralisi cerebrale, non avevamo ancora la diagnosi della sindrome di Angelman, dato che i sintomi sono molto simili. Il più grande regalo che mi ha fatto James è stato di ridarmi il desiderio di vivere per potergli stare vicino. Da allora, quando non sono impegnato col lavoro, penso solo di stare a casa a fare il papà dei miei due figli, James e Henry che ha 14 anni.

A che punto si trova adesso James, quali difficoltà continua ad avere?
James è molto coraggioso e ha un’incredibile forza di volontà, lavora assiduamente con un fisioterapista per raggiungere abilità fisiche che la maggioranza di noi ha già a due o tre anni. Le nostre difficoltà sono generalmente esistenziali, emotive e psicologiche, ma non visibili, mentre quando James entra in una stanza, tutti si chiedono che cosa ci sia che non vada con quel ragazzo. Fa fatica a muoversi, non ha controllo sui suoi muscoli e sulle sue azioni, non è verbale, ma io gli parlo come come se avesse padronanza della lingua inglese, anche se non credo che abbia un alto livello di comprensione, quindi per me quello che pensa rimane un mistero. Spero che impari da me che è bello sentirmi amati, e sicuramente capisce quando qualcuno vuole stare insieme a lui, ma non sarà mai in grado di prendersi cura di se stesso, avrà sempre bisogno di assistenza.

In che modo possiamo aiutare questi ragazzi che hanno esigenze speciali?
Le cose brutte e dannose esistono solo al buio, appena vengono portate alla luce perdono il loro potere negativo, dobbiamo esporre la verità e essere disposti a vederla, educare la gente a vedere i nostri figli come esseri affascinati anche se diversi dal normale. Quando ero ragazzino a Dublino, tanti genitori di bambini affetti dalla sindrome di Down probabilmente provavano un senso di vergogna e li tenevano nascosti in casa, perché il mondo di allora non era interessato a vederli e includerli in attività socializzanti, quindi volevano proteggerli. Ma adesso il mondo è cambiato per il meglio, grazie al lavoro straordinario della fondazione Para-Olimpiadi che da decenni ha promosso il potere dell’inclusività come una responsabilità della nostra società. Tutti noi genitori dobbiamo uscire fuori, parlare a voce alta, mandare messaggi mail, iniziare queste conversazioni, bussare alla porta dei nostri rappresentanti al governo, sia democratici che repubblicani, perché approvino leggi che garantiscano il finanziamento di questo tipo di assistenza.

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