Maria, il film sulla leggendaria cantante Maria Callas, regia di Pablo Larraín, con protagonista Angelina Jolie, aveva debuttato al festival del cinema di Venezia, presentato poi ai festival di Telluride, Toronto, New York, Londra, Los Angeles. Uscito nei cinema USA il 27 novembre, e su Netflix l’11 dicembre, arriva anche in Italia il 1 gennaio 2025.
Il regista cileno conclude così la trilogia che aveva iniziato con Jackie (2016), dove Natalie Portman aveva interpretato Jacqueline Kennedy, e continuato con Spencer (2021, dove Kristen Stewart era la principessa Diana Spencer.
Dice Larraín: “Maria mi sembrava la conclusione giusta per questa serie di tre film, dopo Jackie e Spencer, perché si tratta di tre donne iconiche che hanno plasmato la seconda parte del secolo scorso. Sapevo che per Maria Callas avevo bisogno di convincere l’attrice giusta a interpretarla, perché Callas non era solo una cantante d’opera, ma anche una grande attrice, quindi il film non potrebbe esistere senza Angelina Jolie. Angie scompare dentro il personaggio, dimostrando vulnerabilità, sensibilità, umanità, forza e intelligenza.”
Jolie confessa: “Ero intimidita dall’idea di interpretare Callas, di cui sapevo molto poco allora, conoscevo solo il potere della sua musica e della sua arte, ma da principio pensavo che avrei potuto far finta di cantare, come spesso si fa al cinema. Quando poi Pablo mi ha spiegato che dovevo cantare davvero sul set, ero terrorizzata, ma avevo fiducia in lui, e infatti mi ha aiutato trovando i migliori insegnanti per le lezioni di italiano per imparare la pronuncia corretta, per le tecniche della respirazione e del portamento necessarie per cantare l’opera lirica. Solo in quel modo potevo capire Maria Callas e trovare la chiave per interpretarla.”
Il regista spiega l’arco narrativo del film, che si svolge durante le ultime settimane di vita della Callas nel suo lussuoso appartamento parigino, dove abita con il fedele autista Ferruccio (Pierfranco Favino) e la devota cameriera Bruna (Alba Rohrwacher), racconta in flashback i suoi anni con la madre e la sorella maggiore ad Atene, nella Grecia occupata dai Nazisti durante la seconda guerra mondiale, la storia d’amore con l’armatore Aristotle Onassis, e ci mostra varie interpretazioni delle famose arie interpretate dalla Divina su palcoscenici di tutto il mondo.
“Fra tutte le opere che Callas ha interpretato, nella maggioranza si tratta di tragedie (Norma di Vincenzo Bellini, La Traviata di Giuseppe Verdi, Madame Butterfly e Tosca di Giacomo Puccini, Anna Bolena di Gaetano Donizetti) dove la protagonista muore sul palcoscenico alla fine, poi riceve gli applausi e le gettano i fiori. Quindi era abituata da decenni a quell’estasi che accompagnava la morte in scena, quando cala il sipario, e non ne aveva paura. Allora volevo mostrare le ultime tragiche settimane della sua vita, che lei fronteggia con decisione, disciplina e stoicismo, senza mai sentirsi una vittima, mantenendo il controllo del proprio destino, sapendo quello che vuole, cercando di ritrovare la sua voce, per poi riuscire a morire in pace con se stessa.”
Jolie rivela: “Da giovane mi piaceva la musica punk e la ascolto ancora, ma adesso che ho una certa età (49 anni) apprezzo maggiormente la musica classica e l’opera, perché mi sono resa conto che solo certi suoni possono esprimere un livello così intenso di dolore, amore e disperazione. Quando ascoltiamo questo tipo di musica, proviamo un’immensità di emozioni che ci commuovono profondamente. Per me è stato davvero un privilegio esplorare la vita di un’artista come Maria Callas, è stata come una specie di psicoterapia di cui non sapevo di aver bisogno, e dopo averla studiata seriamente, mi è stato facile innamorarmi di lei. Ancor oggi, quando la sento cantare, mi sembra di ascoltare un’amica; in particolare l’aria “Ave Maria” (dall’Otello di Giuseppe Verdi) mi fa venire in mente dolci ricordi di mia madre, quindi reagisco con grande emotività in un modo molto personale, e non sono ancora riuscita a separare me stessa da Maria Callas.”
Larraín offre una spiegazione di come hanno girato a Budapest la scena dell’orchestra che suona a Parigi sotto la pioggia il “Coro a bocca chiusa” da Madama Butterfly di Giacomo Puccini: “Non sarebbe possibile usare strumenti veri sotto la pioggia, questi violini, viole e violoncelli di legno sono antichi, e i musicisti mi avrebbero detto che ero pazzo, quindi abbiamo dovuto costruirli finti in gran parte. Non dimentichiamo che Cio-Cio-San ha un figlio con il marito, un marinaio americano stazionato in Giappone, poi lui parte e lei aspetta sempre che ritorni. Si sente disperata e non riesce a dormire, allora tutta la città canta questa dolce melodia per conciliarle il sonno. Nel film si tratta di una insolita immagine astratta di Butterfly nella memoria di Callas.”
Il regista, che aveva impiegato lo stile del magico realismo negli altri suoi film, usa anche qui elementi fantastici e metaforici. Callas non riesce a dormine, per questo prende dosi sempre più alte del tranquillante Mandrax (Quaalude), il nome del giornalista (Kodi Smit-McPhee) che la intervista per un documentario televisivo che capiamo esiste solo nella sua immaginazione.
Jolie esprime le sue speranze sull’effetto che vorrebbe il film avesse sul pubblico: “La mia paura era di deludere i fans della Callas e gli amanti dell’opera lirica. Volevo onorare la sua memoria e farle giustizia. Verso la fine della sua vita si sentiva molto sola, era stata criticata orribilmente quando la sua voce non era più all’altezza dei tempi d’oro, probabilmente è morta senza sapere che tanti decenni dopo ci sarebbe stata moltissima gente che ancora le vuole bene, e quando vedono il nostro film si sentono tristi per lei. Spero che questo film ispiri molti giovani a esplorare l’opera lirica, a lasciarsi commuovere da questa forma d’arte così potente.”
Larraín amplifica questo tema: “Al giorno d’oggi esiste una distanza, quasi una paura dell’opera nella maggioranza del pubblico. Questa forma d’arte era nata nel 16esimo secolo, quando qualcuno ha avuto l’idea di mettere in scena una commedia teatrale dove gli attori cantavano invece di parlare, ed è rimasta una forma di intrattenimento popolare per secoli. Ai primi del Novecento Enrico Caruso l’ha popolarizzata a New York, poi Maria Callas negli anni 50, Luciano Pavarotti negli anni 60, e adesso Andrea Bocelli fa la stessa cosa. Nella sua tournée di addio del 1974, Callas ha cantato con il tenore Giuseppe Di Stefano duetti dalle opere più conosciute dei compositori italiani nella tradizione del Bel Canto, proprio con l’intenzione di raggiungere e commuovere un pubblico più ampio. Se il nostro film riuscirà ad avere un effetto simile, creare interesse per l’opera in cento spettatori o in un milione, rimetterla nella posizione che le spetta, sarebbe bellissimo e allora potremo dire di aver avuto successo.”
Pubblicato su Best Movie-Gennaio 2025