Nicole Kidman ha vinto la Coppa Volpi come migliore attrice al festival di Venezia per la sua coraggiosa interpretazione nel film Babygirl, regia e sceneggiatura di Halina Reijn, attrice olandese alla seconda regia dopo Bodies, Bodies, Bodies (2022).
Una dirigente di successo, sposata con un regista teatrale (Antonio Banderas) e madre di due figlie adolescenti, Romy ha una relazione sessuale clandestina con un giovane tirocinante (Harris Dickinson) mettendo in pericolo la famiglia e la carriera.
Nicole, che non ha mai avuto paura di affrontare personaggi sessualmente provocatori, (basta pensare a Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick com Tom Cruise, Fur-Un ritratto immaginario di Diane Arbus con Robert Downey Jr.) dice che era stata attirata dal fatto che la regista era una donna e per lo più europea.
“Mi interessava lavorare con Halina in un film da un titolo così seducente, Babygirl, scritto da una donna europea nel genere dei thriller erotici degli anni 90, ma interpretato dal punto di vista femminile in maniera diversa e totalmente originale. Era un campo che non avevo mai esplorato prima, una esaminazione della sessualità e dei desideri segreti di una donna, per scoprire se stessa, capire chi fosse veramente. Per me si trattava di una situazione insolita, perché è vero che ho fatto molti film, ma mai uno uguale a questo, e lo avrei fatto solo con una donna alla regia.”
L’attrice descrive in questo modo il dilemma del personaggio che interpreta in Babygirl.
“Volevo rappresentare una donna di successo che ha ottenuto praticamente tutto quello che voleva nella carriera, abita in un bellissimo appartamento a New York, ha un marito, dei figli, eppure soffre di una crisi esistenziale, si sente irrequieta, una condizione con cui molti possono identificarsi. Improvvisamente arriva nella sua vita questo giovane, che potrebbe essere un angelo o un demonio, e ha certe qualità disturbanti, ma vuol dire che esisteva già in lei la disponibilità a essere disturbata. Si pone costantemente una altalena di domande, chi sono, che cosa voglio, che cosa desidero, che cosa mi eccita?
Ho l’intenzione di sabotare me stessa? La vediamo un questo stato psicologico di contraddizioni, fino al punto di sentirsi attratta dalla sua completa autodistruzione.”
Alla fine, dopo una lite fra i due uomini, il giovane amante e il marito, la coppia sposata da tanti anni riesce a sanare il conflitto e ritrovare un nuovo tipo di rapporto.
“Quando confesso a mio marito le varie cose che stanno succedendo dentro di me, e cerco di spiegargli sensazioni che non capisco nemmeno io, gli dico che ho provato a essere come lui mi vuole, ma non posso più farlo. Dopo essere quasi arrivata a perdere tutto, e aver concesso a un ragazzo giovane di tenere nelle sue mani il potere di togliermi tutto quello che possiedo, ritorno indietro al rapporto con mio marito e scopro un modo nuovo di coesistere con lui. Queste due persone sono cambiate, ma scelgono di rincontrarsi con un’enorme quantità d’amore senza condizioni, che alla fine li aiuta a superare le difficoltà, e chi lo sa dove andranno a finire. Abbiamo tutti varie sfaccettature nella nostra psiche nei confronti di chi siamo e dei nostri corpi, di quello che vogliamo e quello di cui abbiamo bisogno. Alla fine del film questa conclusione di speranza diventa una metafora per tante altre cose.”
L’attrice australiana si è sentita a suo agio nelle scene di sesso, sia con il giovane attore inglese, che con l’esperto attore spagnolo, soprattutto grazie alla regista olandese anche lei attrice.
“Con Harris ho avuto subito un ottimo rapporto, appena ci siamo incontrati mi sono sentita incredibilmente a mio agio, perché é un gentiluomo. E con Antonio abbiamo avuto entrambi molta esperienza negli anni, e specialmente in film che trattavano della sessualità, ma non lo avevo mai fatto diretta una regista donna. Quindi mi sono sentita completamente al sicuro, perché Halina capiva i personaggi, dato che li aveva scritti, sapeva che cosa stava cercando di comunicare, e poteva cambiare le scene e riscriverle di conseguenza. Era sempre lì in mezzo a noi, e le motivazioni che volevamo esprimere erano molto chiare. E allo stesso tempo, dato che è anche un’attrice, sa che cosa ci vuole per creare un fremito di eccitazione e catturarlo con la cinepresa.”
La regista ha lavorato intensamente e molto in fretta creando un’energia emozionante sul set durante le riprese, con tanti cambiamenti fatti sul momento, e una comprensione delle situazioni unicamente femminile.
“L’intero progetto ha subito una metamorfosi fin dall’inizio, più ne parlavamo più lo cambiavamo e gli davamo una forma diversa. Con Halina ci siamo messe a sedere e abbiamo discusso le nostre fantasie sessuali, i desideri che ci vergognavamo di provare, e di cui non avevamo mai parlato con nessun altro; volevamo esplorare la sessualità in profondità e autenticamente, per fare nuove scoperte e divertirci. Chiaramente parlare di orgasmi con una donna è diverso da come se ne parla con un uomo, dato che fra donne esiste una certa intimità e comprensione, e potevamo esplorare i giochi di potere fra i due sessi e la nostra liberazione verso il piacere. È stato meraviglioso lavorare con una regista-scrittrice, perché lei ha continuato a rimaneggiare la sceneggiatura costantemente durante tutta la produzione, che si è svolta in maniera organica e molto velocemente, come un treno merci in corsa, perché non avevamo tempo da perdere. È stato un vantaggio per noi attori, perché non potevamo pensarci su troppo, reagivamo in modo viscerale, eravamo esausti in uno stato di adrenalina e di euforia, che ci ha davvero aiutato.”
Su certi set, come la stanza d’albergo dove i due amanti si incontrano segretamente per sperimentare varie forme di dominio e sottomissione sessuale, in un complesso gioco di potere fra un subordinato e la donna per cui lavora, solo i due attori e la regista erano presenti, con l’operatore della macchina da presa.
“Alcune location, come la camera da letto e le stanze d’albergo, erano molto confinate e sicure, era come trovarsi dentro il ventre materno. Halina metteva della musica, per esempio la canzone “Father Figure” di George Michael, che addolciva l’atmosfera e creava un ambiente confortevole. Si trattava di uno spazio sacro, e potevamo dire all’altro attore se c’erano situazioni che ci mettevano a disagio e discuterne apertamente. Tutti i giorni facevamo le prove sul set, e avevamo un direttore della fotografia che sistemava le luci e operava la macchina da presa in modo tale da poter seguire e catturare senza tagli tutto quello che facevamo e che cambiava mentre scoprivamo altre posizioni. Questo era fantastico perché, durante queste scene di sesso cosi intime, la cinepresa era proprio lì vicinissima a noi e non ce ne accorgevamo neanche. Dato che avevamo costruito un rapporto di tanta comprensione, potevamo esistere all’interno dei personaggi, senza renderci nemmeno contro di quello che stavamo girando.”
Nicole era rimasta sorpresa e gratificata alla prima proiezione pubblica di Babygirl al festival di Venezia e considera questo film un punto miliare della sua carriera.
“Quando ho visto il film finito sul grande schermo a Venezia ero davvero spaventata, perché avrebbe potuto non funzionare; ero seduta con Harris, Antonio, Halina, e Sophie (Wilde) ed eravamo tutti terrorizzati. Ma è stato un momento glorioso, perché la reazione del pubblico era tangibile durante e dopo la proiezione, hanno capito il tema del film e non hanno indietreggiato, lo hanno abbracciato. Si sono sentiti certamente a disagio durante certe scene, che erano fatte apposta per essere disturbanti ma anche per far ridere, sperabilmente sono rimasti ipnotizzarti e a volte eccitati. È raro durante una carriera lunga come la mia trovare l’opportunità di continuare a esplorare nuovi territori in quanto essere umano nel viaggio della mia vita, quindi ero disposta a lasciami alle spalle tutte le remore e buttarmi dalla scogliera con persone di cui mi fidavo. È stato imbarazzante ma anche liberatorio, Per questo considero Babygirl un punto miliare, e spero che la gente lo vada a vedere sul grande schermo con altre persone intorno.”
Babygirl– Parla la regista-sceneggiatrice Halina Reijn
“Fra i filmmakers che mi hanno influenzato i miei due eroi sono Michael Haneke e Paul Verhoeven. Ho lavorato in Black Book (2006) come attrice con Verhoeven, un olandese come me.
“I film che mi hanno ispirata per Babygirl sono thriller erotici come Basic Instinct (1992) di Verhoeven, Disclosure (Rivelazioni, 1994) di Barry Levinson, Nine and a Half Weeks (9 settimane e ½, 1986), Fatal Attraction (Attrazione fatale, 1987), e Indecent Proposal (Proposta indecente, 1993) di Adrian Lyne, The Piano Teacher (La pianista, 2001) di Haneke.
“Ero un’attrice in una compagnia teatrale per 15 anni, e ho interpretato le eroine del repertorio classico in commedie di (William) Shakespeare e (Henrik) Ibsen, Mary Stuart di Friedrick Schiller, Hedda Gabler di (Eugene) O’Neill. E quei personaggi vivono dentro di me. Quegli scrittori sono dei geni perché le loro opere sono sopravvissute nel tempo e mi hanno dato un’educazione.
“Il mio film Babygirl è una risposta dal punto di vista femminile a quegli uomini, tutti maschi, che sono vivi nella mia vita creativa, ma con un colpo di scena finale. Harris e Antonio si scontrano letteralmente, come due animali che lottano testa a testa, litigano e tirano fuori la loro aggressività, ma in quel momento in cui sono i peggiori dei nemici riescono a diventare amici. E la donna non viene uccisa o punita per la sua trasgressione. Volevo concludere la storia con un momento di gioia e di liberazione femminile.”
Babygirl, nei cinema USA dal 25 dicembre, 2024, esce in Italia in 30 gennaio, 2025
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Intervista con Nicole Kidman pubblicata su Best Movie-Gennaio 2025