Intervista ad Amanda Seyfried, la protagonista del nuovo poliziesco Long Bright River
di Elisa Leonelli
28 marzo, 2025
Nella nuova serie, l’attrice di Mamma mia! interpreta Mickey, una poliziotta che indaga su tre omicidi in un quartiere popolato da senzatetto assuefatti agli oppiacei
Nella miniserie TV Long Bright River, creata da Nikki Toscano e tratta dal romanzo di Liz Moore del 2020, Amanda Seyfried interpreta una poliziotta di Philadelphia preoccupata per la sorte della sorella, scomparsa da un mese, e incaricata di indagare sull’omicidio di tre donne, in un quartiere popolato da senzatetto spesso assuefatti agli oppiacei.
L’attrice, protagonista di Mamma Mia! nel 2008, ha interpretato, tra gli altri, anche i ruoli di Marion Davis nel film di David Fincher Mank (2020) ed Elizabeth Holmes nella miniserie The Dropout (2022). È sposata con l’attore Thomas Sadoski, con cui ha due figli: Nina, nata nel 2017, e Thomas (il suo secondo nome), nato nel 2020.
Per quali motivi le interessava interpretare questo personaggio cosi diverso da lei, in una serie che dà un volto umano a donne che abitano in accampamenti per i senzatetto e a volte si prostituiscono per comprare droga?
Amanda Seyfried: Per lo stesso motivo per cui il libro ha avuto tanto successo, perché offre una prospettiva completamente diversa su una comunità che la gente pensa di conoscere: i senzatetto, le sex worker, l’epidemia di oppiacei. Li vediamo in un certo modo per come vengono ripresi nei notiziari televisivi, ma Liz Moore gira la cinepresa in un’altra direzione e umanizza questa comunità, genera empatia e compassione per queste persone, le rende tridimensionali, così possiamo calarci nei loro panni emotivamente. Ciascuno di noi potrebbe fare due o tre scelte sbagliate nella vita e trovarsi senza casa a lottare contro l’assuefazione agli oppiacei. Non ci vuole molto, e questa serie ci dimostra chiaramente che la scelta di prendere stupefacenti era stata fatta tanto tempo fa, e adesso queste donne non hanno più altre possibilità. Speriamo in questo modo di far cambiare opinione a qualche spettatore.
Anche lei è nata a Philadelphia, ma non credo che il quartiere di Kensington assomigli a quello in cui lei è cresciuta. In che modo è stata influenzata a dare un indirizzo diverso alla sua vita dal suo ambiente e dalla sua famiglia?
Amanda Seyfried: Mio padre abita ancora nella casa in cui sono nata, vicino al campus del Muhlenberg College di Allentown. Era uno di quei quartieri dove potevo andare in giro in bici con i miei amici tutto il giorno finché non veniva buio e poi tornare a casa per cena. Mi sentivo protetta senza dover pensare continuamente ai pericoli in cui avrei potuto incorrere. Ancora oggi posso ritornare lì, e conosco ogni casa, ho ricordi in ogni isolato, e sono tutti positivi. Mentre il quartiere di Kensington è stato emarginato, temuto ed evitato, perché considerato l’epicentro dell’epidemia di oppiacei, e nonostante tutti cerchino di ripulirlo, non se ne può togliere l’essenza. Ma ci sono tanti volontari che prestano servizi in questa comunità, e tutti si sentono collegati, perché parlano la stessa lingua, quindi il loro rapporto funziona.
Che cosa ha fatto per imparare come comportarsi nei panni di un poliziotto?
Amanda Seyfried: Volevo davvero cercare di diventare questo tipo di persona, perché la mia grande paura era che non sarei stata credibile come poliziotto. Allora ho fatto amicizia con due poliziotte, che sono piccole ed esili come me, anche se più forzute. Come nel libro, la forza di Mickey è il modo in cui si relaziona con le persone emotivamente e praticamente, non fisicamente. Credo che l’intimidazione provenga dall’uniforme e dalla mancanza di attenzione a quello che la gente pensa di lei. Quel tipo di atteggiamento è molto potente. Ho capito che i poliziotti sono esseri umani che indossano l’uniforme, e fanno il loro lavoro, si prendono cura della comunità dei civili da cui sono circondati ogni giorno. Queste due poliziotte hanno anche loro figli, sono madri single, proprio come Mickey, e sapevano come parlare con le persone, consapevoli che la legge fosse dalla loro parte. Non avrebbero fatto del male a nessuno, ma si sarebbero protette.

Photo by: David Holloway (c) Peacock TV
Che tipo di ricerca ha svolto per capire la crisi e la dipendenza dagli oppiacei?
Amanda Seyfried: Purtroppo, come la maggior parte di noi, anche io sono vicina a persone che hanno lottato con problemi di abuso di sostanze stupefacenti, e ho visto il livello di devastazione, che è spaventoso. Da qui viene la mia mancanza di desiderio di provare qualsiasi droga, tranne l’erba. Come ricerca ho guardato le serie TV Painkiller e Dopesick, entrambe sulla famiglia Sackler, che ho trovato meravigliose e istruttive. Ma la nostra serie è focalizzata sulla vita quotidiana di persone come le prostitute senza tetto, che cercano di tirare avanti per potersi permettere la prossima dose di droga.
Che effetto spera di ottenere con la creazione di questa serie che cambi l’opinione degli spettatori sul modo di gestire questi problemi sociali?
Amanda Seyfried: La gente deve rendersi conto di come l’epidemia di oppiacei continui a colpire le persone, e che non è più necessariamente una scelta. E, per quanto ci siano dei lati oscuri, c’è anche molta luce in quella comunità, un sacco di arte, gente bellissima che fa un lavoro incredibile. Ci sono anche persone che sono riuscite a riabilitarsi e continuano a sforzarsi ogni giorno per assicurarsi che i propri amici facciano lo stesso. È una cosa incredibile. Ovviamente so che sembra che ci sia ancora così tanto da fare, e qualche volta ci sentiamo impotenti, ma sono riuscita a relazionarmi con le mie esperienze personali con la dipendenza alle droga, e questo mi ha aperto gli occhi per capire come potrei vederla in modo diverso.

Photo by David Holloway (c) Peacock TV
In quanto madre e cittadina americana, quali sono le sue maggiori preoccupazioni sullo stato attuale del mondo, sia che si tratti della crisi climatica che delle guerre in corso?
Amanda Seyfried: Capisco che quello che fa l’America ha un forte impatto sul resto del mondo. E per non buttarmi giù da un precipizio e perdere ogni fiducia, rifletto sempre su tutto quello che abbiamo nella mia famiglia di cui sono molto grata. Per il bene di questo pianeta e della società, devo fingere di credere che tutto quello che vedo accadere o che viene detto e le azioni intraprese saranno ritrattate il giorno dopo, perché ho l’impressione che non ci siano controlli ed equilibri. Non li vedo in questo momento, ma ho fiducia nella democrazia, e devo davvero tenermi ancorata a questo, perché mi sembra di perdere tutto il controllo come donna, come genitore, come una persona che sta provando a essere responsabile, a mantenere un impegno di sostenibilità in casa mia e fuori. Ma possiamo fare solo quello che si può fare, perché gli ego sono potenti e abbiamo messo quella persona al potere. Che schifo. Ma sono solo quattro anni, giusto? So che il potere di ciascuno di noi può fare la differenza nella società, ma non sento quel tipo di speranza al vertice, il che mi fa impazzire.
Mickey spiega al figlio il significato dell’opera Faust di Charles Gounot, tratta dal romanzo di Goethe. Insegna anche lei tante cose ai suoi figli?
Amanda Seyfried: Sì, ammetto questa mia colpa. Non so se sia un bene o un male, ma cerco di trasmettergli le mie passioni, di convincerli a fare certe attività, sperando che ci provino. Io non ho mai davvero studiato danza, ma mi appassiona guardarla. Mia figlia adesso sta prendendo lezioni di balletto e mi fa piacere che lo ami molto. Balla benissimo per la casa, è ossessionata da Lo schiaccianoci di Tchaikovsky. Come genitori abbiamo molto potere sugli hobby dei nostri figli, quindi dobbiamo stare attenti a quello che vogliono fare e rispettare i loro desideri, ma quando le due cose coincidono, è magnifico. Nella serie intendiamo mostrare come sia sgradevole il modo in cui la madre obblighi forzatamente il figlio a studiare le sinfonie e la musica classica, perché pensa così di poter comunicare con lui. Non necessariamente io mi comporterei cosi, ma anche Mickey ha i suoi fallimenti, come li abbiamo tutti noi.
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