Saltburn-Emerald Fennell

Emerald Fennel parla di Saltburn
di Elisa Leonelli

Saltburn, secondo film della attrice, regista e sceneggiatrice Britannica Emerald Fennell, dopo il suo debutto con Una donna promettente (Promising Young Woman) nel 2021, racconta la improbable amicizia tra due studenti dell’università di Oxford nel 2007. Oliver, interpretato dall’attore irlandese Barry Keoghan del film Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin) di Martin McDonagh, è un tipo basso, goffo e mal vestito, mentre Felix (Jacob Elordi, l’attore australiano che interpreta Elvis Presley nel film di Sofia Coppola Priscilla) è un ragazzo ricco, alto e bello, che per compassione invita il compagno meno fortunato a passare le vacanze estive con la sua famiglia aristocratica nella loro sontuosa villa chiamata Saltburn. Rosamund Pike è bravissima nel ruolo della madre di Felix, come pure Richard E. Grant nel ruolo del padre, e Carey Mulligan, protagonista di Una donna promettente, ha un ruolo di sostegno.

Emerald Fennell on zoom

“Intendevo fare un film nel genere del gotico britannico, un horror romantico come Dracula (1958, regia di Terence Fisher dal romanzo di Bram Stoker del 1897), Cime tempestose (Wuthering Heighs, 1939, regia di William Wyler dal romanzo di Emily Brontë del 1847), Rebecca (1940 di Alfred Hitchcock). La mia storia si ispira a Ritorno a Brideshead (Brideshead Revisited, serie TV del 1981 e film del 2008 dal romanzo di Evelyn Waugh del 1945), Messaggero d’amore (The Go-Between, 1971 di Joseph Losey), Il grande Gatsby (The Great Gatsby, 1974, dal romanzo di Francis Scott Fitzgerald del 1925, Espiazione (Atonement, 2007 regia di Joe Wright dal romanzo di Ian McEwan del 2001). La trama racconta quello che è successo l’estate precedente, quando tutti erano riuniti in una tenuta di campagna, un ambiente claustrofobico come in una casa stregata, avvenimenti da cui nessuno è riuscito mai a riprendersi. Forse perché sono inglese mi interessano gli enormi manieri dell’aristocrazia e della famiglia reale, un genere che è stato esportato con successo da serie televisive come Downton Abbey (2011-2016 creata da Julian Fellowes).”

“Volevo parlare di sesso e di desiderio non consumato, della differenza di classe e del potere. Siamo in un momento particolare come esseri umani nel mondo in cui viviamo, e spesso disprezziamo le cose che desideriamo, vogliamo rapporti che non possiamo avere con gente che vediamo su Instagram; invidiamo la vita degli altri, li amiamo e li odiamo allo stesso tempo, in una tensione sporca e sadomasochista che ci fa odiare noi stessi. Allora ho gettato tutto questo in un calderone e ne è uscito fuori questo film irrazionale.”

“Mi interessava esaminare come solitamente mentiamo profondamente a noi stessi ogni giorno, e provavo una enorme simpatia per il personaggio di Oliver, con cui mi identifico sotto molti aspetti. Oliver soffre di una sindrome di cui soffriamo più o meno tutti, cioè che vorremmo diventare qualcun altro, reinventarci. Oliver aveva lavorato tutta la vita per arrivare a una università come Oxford, su cui aveva fantasticato, che pensava gli avrebbe aperto tutte le porte, poi quando si trova lì capisce che lavorare sodo è considerato un comportamento patetico, e tutto quello che riteneva valesse la pena non lo è. Come facciamo tutti all’età di 18 anni, quando finalmente siamo adulti e iniziamo l’università, vogliamo fare nuove amicizie, sedurre la gente; quindi quando Oliver si trova di fronte a uno come Felix vuole fare le mosse giuste, allora cerca di capire che cosa vuole sentirsi dire e glielo dice. Si tratta di un inganno, ma tutto quello che Oliver fa è completamente normale, lo fanno tutti, solo che lui lo fa meglio degli altri, dà alla gente quello che vogliono e loro sono contenti, fino a che non incominciano a morire.”

“Nel mio mestiere di regista non faccio giudizi morali sul comportamento dei miei personaggi, perché non lo ritengo utile, ma ho l’obbligo di dire la verità, il che può sembrare strano quando si parla di un’opera di finzione.”

“Mi entusiasma il fatto che questo film è concepito per essere visto nei cinema, dove ci si trova in una stanza buia con altre persone, una dinamica di per sé affascinante. E tutte le proiezioni a cui ho assistito hanno suscitato risposte diverse ma sempre viscerali: grida, strilli, rantoli, schifo, disperazione, risate. Proprio come sulle montagne russe.”

Senza spoilerare troppo, possiamo rivelare che Saltburn ci ricorda film come Il talento di Mr. Ripley (The Talented Mr. Ripley, 1999) con Matt Damon, regia di Anthony Minghella dal romanzo di Patrizia Highsmith dal 1955, e Teorema (1968) di Pier Paolo Pasolini con Terence Stamp.

Testo pubblicato su Best Movie, Italy. December 21, 2023

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